Lago Coldai, 2018
È una tradizione che ripeto quasi regolarmente da più di dieci anni, e ogni volta questo luogo mi sa regalare qualcosa di nuovo. Oppure, a ben pensarci, sono io che con il passare degli anni ci vado ogni volta con uno spirito nuovo. Questa fotografia risale al 2018, anno in cui la condizione di luce è stata di gran lunga la più interessante degli ultimi anni. Tralasciando le intense emozioni che proviamo, da soli, in luoghi come questo, vorrei fare una piccola riflessione su un argomento che mi sta molto a cuore. Negli ultimi anni il foto-turismo sulle Dolomiti è cresciuto a tal punto da diventare un vero business con un discreto giro d’affari per rifugi, alberghi, impianti di risalita, e così via. Se da un lato questo aumento è sicuramente una nota positiva nei bilanci delle amministrazioni locali, dall’altro va da sé che le fotografie di questi luoghi stanno perdendo valore. Non solo valore commerciale, ma anche (e soprattutto) valore emotivo. Salvo casi isolati, percepisco un appiattimento (verso il basso) dell’impresa fotografica, intendendo con questo l’intero processo creativo. Non c’è più la voglia di ricercare un luogo, farlo proprio ed esplorarlo fino a conoscerne i più reconditi segreti. Ci si accontenta di un’immagine uguale a molte altre, senza carattere, senza personalità, senza originalità. E fondamentalmente penso che tutto ciò avvenga per un motivo ben preciso: i fotografi di oggi usano le montagne per produrre immagini, invece che usare la fotografia per ritrarre le montagne. [Ho parlato di montagne, ma ovviamente il ragionamento vale per tutti gli altri ambienti del pianeta] Sicuramente è un discorso ampio e queste sono solo (mie) riflessioni a ruota libera, spinte da questa lontananza forzata dalle Terre Alte :-)
Ciao,
Marco

Ciao Marco, leggere queste considerazioni ci fa sentire sicuramente meno soli ed è davvero confortante. Il tuo ragionamento non fa una piega e penso che sia ormai davanti agli occhi di tutti questa involuzione nel pensiero fotografico. È sempre più evidente che l'esperienza passi in secondo piano e che il fotografo, amatoriale o professionista che sia, si limiti a ritrarre un luogo con estremo distacco, attendendo solamente quello che gli agenti atmosferici gli possano "apparecchiare" in una location conosciuta e già confezionata in precedenza da centinaia o migliaia di fotografi. La fotografia è un percorso che va a braccetto con la nostra crescita come persone e con le nostre emozioni. Con la fotografia e con l'esperienza che ne deriva dovremmo essere in grado di sviluppare un nostro gusto estetico, così come un approccio personale che certamente deriva dalle più disparate fonti di ispirazione (fotografia, pittura, musica, cinema ecc) e che con il passare del tempo possa identificarci. L'ambiente sui social network è sempre più tossico e opprimente, da qui l'idea di ritrovarsi in pochi a discutere di queste cose, caro Marco. Per fortuna c'è gente come te che percepisce questo cambiamento e che si rifugia nella semplicità di un momento, spesso nei luoghi del cuore che hanno sicuramente forgiato quello che sei come fotografo ma in primis come persona. Ognuno ha piena libertà di agire come crede chiaramente, però è importante parlare di questi aspetti. In parte questa cultura di massa che porta la gente a realizzare immagini tutte uguali cercando di urlare per essere notati, ci avvicina ancor di più all'intimità di un territorio spingendoci ad andare oltre, cosa che avremmo comunque fatto ma che in questa situazione siamo stimolati a fare ancor di più! Questa ruota un giorno si fermerà o comunque rallenterà credo, le mode sono cicliche e chi davvero ha passione e capacità espressive a 360° lo si riconosce non dal numero di like, anzi, molto spesso come sai è il contrario. Riguardo la "perdita di valore" di cui parlavi hai di nuovo ragione. Nel mare magnum della rete certe location celeberrime sono ormai talmente abusate che portano quasi alla nausea purtroppo e alla lunga viene il rigetto (lo è stato per Castelluccio, per il Kirkjufell islandese, per le Tre Cime di Lavaredo e così via, potrei citare decine di paesaggi diventati virali). Il problema non sta solo nel fatto che si vedano sempre le stesse locations ma è la ripetitività delle interpretazioni che è preoccupante. In fondo siamo tutti turisti o viaggiatori e postando le nostre immagini sulla rete possiamo influenzare o invogliare la gente a fare la stessa cosa, ognuno di noi ha delle colpe in un certo senso. Sta tutto nell'approccio a mio modo di vedere e nelle modalità di diffusione delle nostre fotografie (dati geografici precisi ecc). Ricordiamoci di avere un'anima e dei sentimenti, altrimenti tra vent'anni i robot realizzeranno immagini sicuramente migliori delle nostre, perché ci batteranno tecnicamente! 😃 La tua foto è molto bella e naturale, hai saputo valorizzare la condizione al meglio. A presto e grazie ancora per questa tua riflessione, apprezzatissima. Andre
Ciao Marco!
Riflessione interessantissima.
Ho la fortuna di abitare a pochi minuti dalle dolomiti e posso confermare quanto hai scritto. Io stesso ho fotograficamente "perso interesse" per questi luoghi. Non per la mancanza di bellezza del paesaggio bensì per la troppa frequentazione da parte di migliaia di persone. Preferisco farmi lunghi trekking e godermi così il paesaggio. Partire con l'idea di fotografare tende a far perdere di valore la mia giornata.
Le giornate più belle sulle dolomiti le ho passate senza reflex, facendomi la doccia sotto le cascate di un ghiacciaio, salendo in cima alla tofana o facendo scialpinismo sotto una nevicata :)
Preferisco corteggiare un luogo così, poi un giorno chissà, mi innamorerò di un angolo "mio" e tornerò a fotografare qui :)
Ogni fotografia parte prima di tutto dal nostro essere :)
Alvise
Molto bella!...io abitando sull altro lato delle dolomiti non posso che condividere il tuo pensiero! Il lago di coldai è nella mia lista, ma ancora non ho mai avuto l' occasione di visitarlo! Bellissimo luogo!