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Tutto alle spalle

Lasciarsi tutto alle spalle, esatto.

È quello che si prova non appena ci si addentra anche solo per pochi chilometri nelle sterminate solitudini del deserto del Gobi.

Quella di marzo 2025 è stata una delle esperienze più incredibili degli ultimi anni. L'area del Gobi cinese che abbiamo avuto modo di esplorare è luogo per pochi.

Non esiste la benché minima struttura o appoggio. Niente rete telefonica. È necessario un permesso della polizia cinese per poter varcare l'immaginario cancello che porta in questo paradiso naturale.

Una manciata di autisti hanno il permesso di cavalcare le dune statiche più alte del pianeta con un fuoristrada e non appena ci si addentra nel territorio, non si fatica a capire il perché.

A volte sembra di piombare nel vuoto da tanto che sono ripide.

A ogni metro, un'emozione diversa.

Il privilegio più grande? Essere gli unici esseri umani in quell'area per i 6 giorni trascorsi in tenda fra paesaggi che rasentano l'assurdo.

Verso sera era un grosso onore per me scegliere dove posizionare il campo tendato, in modo da essere pronti al tramonto, di notte e all'alba, a catturare le incredibili linee scolpite da luce e vento.


Abbiamo avuto la fortuna di osservare le mille facce del Gobi: a metà giornata era di un bianco accecante, con la presenza di qualche nuvola i colori si facevano più gialli/arancio, dopo il tramonto e prima dell'alba era il blu a farla da padrone, a volte con sfumature violacee...in altri casi il paesaggio si tingeva d'oro, altre volte d'argento.

È la latitudine di questo deserto, così come il periodo dell'anno nel quale l'abbiamo esplorato a renderlo incredibile.

Era come essere di fronte alla metamorfosi di una creatura ciclopica e silenziosa.


La foto

Era la prima sera nel deserto, lentamente il sole si trascinava dietro un orizzonte appannato.

Solo un piccolo tocco di luce calda nel freddo ambiente desertico, che in pochi minuti avrebbe fatto crollare le temperature...invogliandoci a buttarci in tenda nei caldi sacchi a pelo.

L'ora blu è da sempre il mio momento della giornata preferito. Il silenzio (che nel Gobi è comunque costante) si fa assordante, ogni dettaglio ti cattura con un'intensità tutta sua.

E allora quel lontano bagliore per me rappresentava il saluto alla società, forse all'umanità. Mi sembrava di entrare in una narrazione lovecraftiana, pronto a scollinare in un luogo fatto di meraviglie e allo stesso tempo di terribili insidie.

Tutto alle spalle, almeno per qualche giorno. A volte andarsene nel nulla ha il potere di dilatare il tempo e di farti godere la Vita al massimo.


Fotografare nel deserto è una delle cose più divertenti che esista, semplicemente perché l'infinità di linee e sfumature lascia stupefatti. Ricordo le ore spese a camminare fra queste dune e, a fine giornata, identificare quel lontano barlume come baricentro dell'immagine, come spesso mi capitava di fare con la luna nelle notti senza sonno durante le mie peregrinazioni lapponi.

Le dune in primo piano fanno da delicata entrée nell'immagine, come lenzuola che si dipanano davanti allo spettatore. L'occhio avanza poi verso dune sempre più lontane e impalpabili, raggiungendo poi un sole remoto. Così lontano e in procinto di spegnersi (forse per sempre?).

La solitudine, la malinconia, l'essenza del (mio) deserto.

(Avere Thom Yorke nelle orecchie mi stimola in questo viaggio emotivo struggente).


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Per i più tecnici e curiosi ecco qualche dato:

  • Fotocamera: Canon 5D MKIV

  • Obiettivo: 24-105mm f/4 @ 50mm

  • Tempo di scatto: 1/20

  • Diaframma: f/10

  • Sensibilità ISO: 200


Per chi se lo fosse perso, ho scritto un altro articolo dedicato al primo viaggio esplorativo nel Gobi, in cui racconto dell'incredibile nevicata che abbiamo avuto la fortuna di testimoniare...eccolo qui: LA NEVE NEL DESERTO


Non vedo l'ora di tornare in quei luoghi con voi a marzo 2027, non perdetevi nessun aggiornamento, stiamo per arrivare con il programma: TUTTI I VIAGGI Un abbraccio,

Andre

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