Erano mesi che ci pensavo, in realtà inconsciamente era da molto più tempo che qualcosa mi frullava nella testa. Un qualcosa legato alla fotografia e più in generale al modo di esprimerci attraverso il mondo dell’arte.
Negli anni il mio percorso fotografico si è evoluto parecchio, nonostante abbia sempre cercato di mantenere una coerenza, seppure mai forzata, nel mio lavoro.
Tutto partì molti anni fa, quando dopo prolungate meditazioni e “notti insonni” decisi finalmente quale sarebbe stato il nome del mio sito: “Forgottenlands”, ossia terre dimenticate.
Da curioso esploratore e grande amante dei viaggi, soprattutto quelli fuori dal comune, il mio obiettivo con questo nome era di avere ben chiara ogni mattina l’idea del mio percorso.
Cercavo un qualcosa che mi identificasse.
"Andrea, tu sei nato per questo!".
Desideravo raccontare attraverso immagini e scritti gli aspetti più straordinari e incogniti del mondo. Volevo spesso andare là dove gli altri non andavano.
Quando ero piccolo sognavo spesso orizzonti lontani, terre dimenticate popolate da creature preistoriche e fantasticavo di poterle un giorno raggiungere. Dico sempre che da allora non è cambiato nulla, se non la consapevolezza che tutto quello che elaboravo nella mia mente esiste, da qualche parte…e da lì deriva la mia voglia di andare oltre.
Negli anni ho avuto la fortuna di viaggiare moltissimo e di sperimentare con la fotocamera al collo. Lentamente ho raggiunto una nuova dimensione che è maturata grazie alle numerose contaminazioni provenienti dalle esperienze vissute e soprattutto dalle fonti di ispirazione derivanti da diverse forme d’arte.
A 38 anni posso affermare con orgoglio che il nome scelto per il sito mi rispecchia tuttora, oggi ancor più di prima!
Sapete bene che quelle terre dimenticate le sto ancora ricercando negli angoli più reconditi della Terra ma sono giunto alla conclusione che i territori più remoti e quasi inesplorabili si trovano in realtà dentro di noi. Dobbiamo solo avere la voglia e soprattutto il coraggio di scandagliare i paesaggi interni che custodiamo, per poi palesarli attraverso la fotografia o con la forma espressiva che più riteniamo opportuna.
Da qualche tempo sento che una metamorfosi da fotografo paesaggista a “fotografo autobiografico” è in atto. Una metamorfosi che non cancellerà quello che ho voluto raccontare sinora, questa nuova forma andrà ad intrecciarsi con quella che è la mia costante ricerca del bello e del sublime.
Ed “Emetèrea” in tutto questo che c’entra? Cosa significa?
Emetèrea è un termine che ho recentemente coniato con l’aiuto dell’amica filologa Michela Curti.
Il termine emetèra in greco significa semplicemente “nostra”. Cercavo un nuovo vocabolo con un suono delicato che potesse definire una sensazione di sospensione. L’altro termine da me scelto e che poi ho fuso con emetèra è stato “etereo”: si sposa con quella che è spesso stata la mia ricerca fotografica ed è adatto dal punto di vista fonetico.
EMETÈREA è quindi la mia quinta stagione e spero un po’ anche la vostra. Una stagione espressiva, caratterizzata da un flusso artistico senza limitazioni.
Il solo pensare a questa idea mi conforta e mi stimola tremendamente.
C’è sempre un’emetèrea pronta a germogliare, dobbiamo solo affinare i sensi.
Esploriamoci con coraggio e senza paura del giudizio, abbracciamo il diritto di comunicare senza confini.
Dopotutto la libertà è il più grande dei privilegi.
Life is beautiful! Un abbraccio, Andre
bravo Andre!
Siamo tutti sospesi in una continua metamorfosi…. 😘