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La terribile trappola dei guanacos

Mettevo per la prima volta piede in Patagonia nell'inverno australe del 2009.

Ricordo ancora l'emozione nell'ammirare specie animali mai viste prima: il paesaggio scorreva fuori dal finestrino, branchi di guanaco qua e là dominavano gli spazi immensi, immersi in quello che apparentemente potrebbe essere definito un paradiso. E poi nandù (i buffi cugini degli struzzi), armadilli nani, cara-cara e così via. Sono tornato in quei territori decine di volte negli anni e i guanacos sono sempre lì ad aspettarmi con il loro sguardo dolce e curioso, perennemente intenti a ruminare! Una cosa avevo osservato nel 2009, augurandomi che si trattasse di uno scherzo del destino: lungo una strada avevo visto il corpo di un guanaco appeso a una recinzione, purtroppo senza vita. Era rimasto evidentemente incastrato mentre tentava di scavalcarla...e potevo solo immaginarmelo morire fra atroci dolori.

Quella scena purtroppo mi si sarebbe ripresentata negli anni successivi, più volte. Sempre con più costanza. Scene che non augurerei a nessuno di dover vedere ma che fanno capire tanto della presenza umana su questo pianeta.

La Patagonia è così estesa (3 volte la superficie dell'Italia!), con una densità abitativa ridicola: 2,2 abitati per chilometro quadrato! Anche per questo viene denominata "deserto patagonico".

Eppure è per molti tratti recintata. Immense distese dove migliaia di animali pascolano liberi, quantomeno apparentemente.


Qualche anno fa, mentre mi trovavo nei pressi del Parque Nacional Torres del Paine, con una guida locale ero alla ricerca del celebre predatore andino, il puma. Alcuni rumori strani ci avevano fatto sobbalzare: si trattava di un guanaco incastrato in una recinzione che andava a delimitare l'ennesima proprietà privata. Era lì da poco: in panico, soffiava e si dimenava. Con la guida provammo ad approcciarlo con tutte le precauzioni del caso. Niente da fare, la paura dovuta all'accaduto si sommava a quella di avere due bipedi a pochi centimetri. Il fatto di esserci avvicinati così tanto altro non faceva che peggiorare la situazione, ampliando la ferita che il povero animale mostrava fra arto e costato.

A un certo punto arriva lo "sputo" tipico del camelide, come estremo tentativo di difesa.

La guida mi guarda e mi fa capire che dobbiamo cercare di aiutarlo a tutti i costi, usando la forza. Lo afferriamo contemporaneamente e riusciamo a disarcionarlo da quella recinzione contornata da filo spinato.

Il guanaco è finalmente libero e ora ci è ancor più evidente la sue ferita. Non è così grave in assoluto ma, come mi confermerà la guida, rappresenterà morte certa per l'animale...dato che il puma ha un fiuto tale da poter identificare il suo prossimo pasto da grandi distanze e in tempi brevi.

Come sapete sono da poco rientrato dall'ultimo viaggio in Patagonia e con i ragazzi abbiamo avuto modo di vivere un'altra esperienza dalla quale prendo spunto per questo ultimo mio post sul blog Forgottenlands.

Avanzando nella steppa con l'intento di raggiungere la location prestabilita per le fotografie serali, ci imbattiamo in una scena raccapricciante, che i ragazzi ancora non avevano avuto modo di testimoniare.

La foto qui sotto credo valga più di mille parole.

E non era l'unica scena di questo tipo, ahimè. Le immense distese della steppa a tratti si trasformano in un inquietante cimitero, come se il tempo si fosse fatto beffa di queste povere creature, protraendo il momento della morte per lunghi mesi. Ci sono guanacos che provano a uscire da queste "proprietà", altri rientrano forse attratti da un pascolo migliore o per andare a chiamare i cuccioli che si trovano semplicemente dall'altra parte. Ci fermiamo a vedere e fotografare la scena (a volte si fa fatica, ma è importante testimoniare) con tanta tristezza nel cuore. Con il binocolo avvisto un'altra sagoma inerme a cavallo del filo spinato, poi una terza. Riprendiamo il cammino: strada sterrata davanti, filo spinato a destra e filo spinato a sinistra. Improvvisamente ci corre incontro un giovane di guanaco irrequieto che sembra voler saltare all'interno di una recinzione. Purtroppo questa è davvero troppo alta per poter essere scavalcata, è come se qualche gaucho l'avessi "pezzata" per impedire agli animali di uscire. E invece ce la fanno comunque, o in qualche modo trovano la via...a volte a costo della vita.


Spengo subito il van, non posso interferire. Siamo pronti a perdere la sessione fotografica ma questo animale dovrà provare quantomeno con tranquillità a tornare dai suoi simili.

Passano interminabili minuti: il guanaco va e viene lungo la strada in cerca di una possibilità ma sembra non trovarla.

A un certo punto si avvicina e va oltre, noi rimaniamo con la speranza che un po' più lontano possa aver trovato il modo di tornare fra il calore della sua famiglia.

Ci viene solo da chiederci: perché?

Sicuramente le recinzioni fungono da reciproca protezione, lo capisco. Le eventuali specie non autoctone o l'essere umano "non autorizzato" è meglio che stiano alla larga, per non interferire con l'ambiente naturale. Capisco le proprietà private e i pascoli (siamo i primi, noi europei, a consumare le carni di bovini e ovini che si nutrono nelle vaste steppe della Patagonia).

Capisco tante cose ma fatico a capirne altre...

A ridosso (e spesso anche all'interno) di una Riserva della Biosfera e patrimonio dell'Unesco, di un parco nazionale così importante come Torres del Paine, scene di questo tipo stridono con la tanto reclamizzata conservazione dell'ambiente (che devo comunque ammettere essere quasi sempre esemplare in Sud America).

Così come stride passeggiare tra i paesaggi spettrali dovuti a impressionanti incendi dolosi (leggasi turisti senza cognizione) che devastarono i boschi patagonici nel 2005, 2011/2012...ma di questo vi parlerò in un altro articolo!


Qui sotto, per chiudere il post in maniera più serena, vi propongo un'immagine di questi stupendi animali realizzata qualche anno fa.

Un saluto a tutti voi e alla prossima,


Andre

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2 Comments


Ege
Ege
May 28

E’ veramente straziante vedere scene di questo tipo. E ancora più straziante sapere che la causa è proprio l’essere umano 💔

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Eh sì, Ele. In realtà è molto delicato il discorso in questo caso. Si parla di morti atroci che però derivano da un'idea di fondo di tutela degli animali stessi (con i quali condividiamo sempre di più gli spazi). È un complesso equilibrio. Certamente assistere a scene così crude è agghiacciante e fa riflettere...

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